La divisa del karateka il GI


Nella maggior parte delle arti del Budō è comune esercitarsi in un abito appropriato gi;

nel karate quest'abito è il karategi, composto da una giacca (uwagi), da un paio di pantaloni (zubon) di cotone bianco e da una cintura (obi) il cui colore designa il grado raggiunto dal praticante.

Ad Okinawa per esercitarsi si indossava una gonna pantalone che consentiva una maggiore libertà di movimento, ben distinta dal tradizionale abito giapponese (hakama), che non fu mai indossato ad Okinawa mentre è ancora oggi usato in molte arti del budō (Kendo, Kyudo, aikido).

Fu il maestro Funakoshi ad adottare il vestito che ancora oggi viene usato nel Karate: una combinazione dello judogi e del tradizionale hakama giapponese; il colore bianco e l'assenza di ornamento simboleggiano la purezza e la semplicità. E' anche un ritorno storico della nascita del karate ad Okinawa dove i praticanti erano pescatori vestiti di bianco

Il kimono nella psicologia del budō, aiuta a mettere a nudo la propria personalità cosicché ci si possa vedere per quello che si è: indossare il karategi è un modo per rendersi conto che sul tatami le distinzioni esterne scompaiono, e tutto ciò che tende a diversificarsi si annulla.

Nel Dojo tutti gli uomini sono uguali e ricercano la maturità psicofisica. Funakoshi attraverso il sistema dei gradi stabilì una gerarchia basata sulla capacità tecnica, espressa attraverso i colori della cintura.

 

Ecco la testimonianza di S. Gima, allievo di G. Funakoshi. In un'intervista datata 1986, il suo interlocutore gli pone la seguente domanda: 

«Il 17 Maggio 1921 il Maestro Jigoro Kano l'ha invitata con il M° G. Funakoshi al proprio dojo Kodokan per una presentazione dell'Okinawa-karate-jutsu. Che tipo di indumento portaste per quella dimostrazione?»

S. Gima risponde: «A quell'epoca non esisteva un abito da allenamento particolarmente concepito per il karate. II Maestro Funakoshi andò ad acquistare un tessuto di cotone bianco da un grossista a Kanda e confezionò egli stesso l'abito a mano, copiando l'abito da judo (judogi). Questo vestito era gradevole da indossare, perché era leggero, ma aveva l'inconveniente di appiccicarsi al corpo con il sudore. A dire il vero, era un abito che egli aveva confezionato frettolosamente, non appena eravamo stati informati della data della dimostrazione. Non era quindi un abito che si poteva utilizzare per l'allenamento quotidiano. Io pensavo di mettere un kimono da judo, poiché praticavo anche il judo.

Prima della dimostrazione avevo dunque preparato il mio judogi ben lavato. Ma il giorno stesso della dimostrazione il Maestro Funakoshi mi ha dato un abito che aveva confezionato per me con le proprie mani lavorando tutta la notte. Dandomelo mi ha detto: "Dovremo forse presentare insieme alcune forme di combattimento. Se mettiamo ciascuno un abito differente, non sarà armonioso. Ho confezionato anche il suo, lo prenda ».

Questa testimonianza dimostra che l'abito bianco, che e pressoché diventato un'uniforme per il karate, risale al 1921.

Prima non esisteva un abito fissato convenzionalmente per la pratica del karate. Ci si allenava sia con gli abiti di tutti i giorni, sia a torso nudo, in pantaloni corti o con la biancheria intima. Ricordiamo che il clima di Okinawa e caldo, e soprattutto molto caldo in estate; il problema dell'abito non si poneva quindi nello stesso modo che a Tokyo, dove l'inverno e rigido. Questo kimono bianco, che e diventato progressivamente un indumento abituale e poi l'indumento ufficiale del karate, sarà introdotto a Okinawa come una nuova forma della tradizione.

Quanto al kimono del judo (judogi), esso proviene dal jujutsu. La qualità e il colore del vestito variavano secondo le scuole. Di solito ognuno lo confezionava seguendo il modello in uso nel proprio dojo. E a partire dal 1880 circa che il judogi viene progressivamente uniformato.