Concretezza
“Che cos’è lo Zen?” fu chiesto a un maestro.
E lui rispose: “Si mangia quando si ha fame, si beve quando si ha sete, ci si copre quando fa freddo e ci si sventola quando fa caldo”.
Commento: I gesti naturali e semplici di tutti i giorni costituiscono la Via. Ma, proprio per questo, non possono essere meccanici, e neppure calcolati. Ciò che è compiuto automaticamente diventa un’abitudine di cui si è perso il senso; ciò che è calcolato diventa l’atto di un io diviso, di un io privo di spontaneità. Il saggio cerca di essere completamente presente in quello che fa: se mangia mangia, se beve beve, se cammina cammina… “Nello Zen” dice Lin-chi “non c’è nient’altro da fare che compiere le azioni comuni: mangiare, vestirsi, urinare e fare i propri bisogni.” Ma bisogna essere consapevoli che si tratta di azioni fondamentali, di veri e propri atti sacrali. Ecco una forma basilare di meditazione.
Una tazza di té
Un filosofo si recò un giorno da un maestro zen e gli dichiarò:
“Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi ed i suoi scopi”.
“Posso offrirti una tazza di tè?” gli domandò il maestro. E incominciò a versare il tè da una teiera.
Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò.
“Ma che cosa fai?” sbottò il filosofo. “Non vedi che la tazza é piena?”
“Come questa tazza” disse il maestro “anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture perché le si possa versare dentro qualcos’altro..
Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”
Commento: La mente non può che fare riferimento al passato e al noto: tutto ciò che riceve, lo interpreta alla luce delle precedenti esperienze ed opinioni. In tal modo impedisce un approccio diretto e fresco della realtà.
Se non la si svuota, non c’è modo di apprendere nulla di veramente nuovo.
Per meditare, dobbiamo imparare e mettere tra parentesi l’insieme delle conoscenze passate.
Inferno e paradiso
“Sono un samurai” rispose il guerriero.
Mentre Nobushige snudava la spada, Hakuin osservò: “Qui si aprono le porte dell’inferno! “.
A queste parole il samurai, comprendendo l’insegnamento del maestro, rimise la spada nel fodero e fece un inchino.
“Ora si aprono le porte dei paradiso” disse Hakuin.
Commento: Inferno e paradiso sono condizioni psicologiche, e, in ogni momento, noi possiamo passare dall’uno all’altro. È la nostra coscienza che fa la differenza: ecco perché è così importante la “cura” o la “coltivazione” della mente. Scrive Milton: “La mente può trasformare l’inferno in un paradiso, e il paradiso in un inferno”. E la mistica irachena Rabi’a [sec. VIII] dice: “Sufi è colui che non desidera il paradiso e non teme l’inferno”. Quando ci troviamo in una di queste due condizioni estreme, (rendiamoci conto) di quale ruolo vi svolga la mente, e realizziamo ciò che esiste al di là di essa. Lì è la verità.
Il mellepiedi
Un millepiedi viveva sereno e tranquillo. Finché un rospo un giorno non disse per scherzo:
“In che ordine metti i piedi l’uno dietro l’altro?”
Il millepiedi incominciò a lambicarsi il cervello e a fare innumerevoli prove.
Il risultato fu che da quel momento non riuscì più a muoversi.
Commento: Questo succede quando si cerca di sostituire i movimenti e le azioni naturali con altre studiate dalla mente. Chi riuscirebbe, per esempio, a dirigere volontariamente tutto ciò che compie il nostro corpo: far funzionare nello stesso tempo i muscoli, il cervello, gli organi, il metabolismo, la respirazione, il sistema immunitario e cosi via?
La partita a scacchi
Un giovane si presentò ad un maestro zen e gli dichiarò: “Vorrei raggiungere la liberazione dalla sofferenza promessa dal Buddha. Ma non sono capace di lunghi sforzi e non sono in grado di meditare. Esiste una via che posso seguire?”
“Che cosa sai fare?” gli domandò il maestro. “Niente.”
“Ma c’è qualcosa che ti piace fare?”
“Giocare a scacchi.”
Il maestro fece portare una scacchiera e una spada. Poi chiamò un giovane monaco e disse: “Chi di voi due vincerà questa partita a scacchi raggiungerà la liberazione. Chi perderà sarà ucciso con questa spada.
La spada si abbatté sulla scacchiera. “Non c’è né vincitore nè vinto” proclamò il maestro “e quindi non taglierò la testa a nessuno”.
Poi aggiunse rivolto al primo giovane: “Due sole cose sono necessarie: la concentrazione e la compassione. E tu le hai sperimentate entrambe. Questa è la via che cerchi”.
Commento: La Via è dunque aperta a tutti. Per percorrerla non sono necessarie doti straordinarie: tutti sappiamo concentrarci quando una cosa ci piace o quando è questione di vita o di morte; e tutti possiamo provare un attimo di compassione.